domenica 11 settembre 2011

Rugby: il più grande spettacolo dopo il big bang



Mi piace tutto lo sport, quel poco che posso praticare ed il tanto che riesco a seguire seduto sul divano o davanti ad un computer. Ma amo solo quello che si fonda sul lavoro, sulla fatica, sul sudore, sulla lealtà sportiva, sul rispetto tra gli atleti non quello degli abatini isterici e viziati e dei campioni costruiti in laboratorio.
Amo lo sport degli Abbagnale, di Josefa Idem che a cinquant'anni si qualifica ancora per le Olimpiadi, dei pallanuotisti, dei maratoneti come Dorando Pietri, Abebe Bikila, Gelindo Bordin e Stefano Baldini, il calcio di Zeman e quello dei mediani come Javier Zanetti, la dedizione al lavoro di Yuri Chechi e Valentina Vezzali.
Amo gli atleti guasconi e generosi quando sanno unire, come Valentino Rossi, talento e lealtà.

Amavo il ciclismo, lo sport della fatica e del sudore per eccellenza, quello delle scalate eroiche su salite impossibili o delle fughe sul pavé, quello delle epiche imprese di Marco Pantani, finché non si è scoperto che era (e forse è ancora) tutto truccato.
Prevale in me questa idea dello sport rispetto all'ammirazione per i gesti di talento unici e inimitabili: un sorpasso impossibile in Formula Uno, un gol e un dribbling di Maradona, Platini, Van Basten o Messi, un terzo tempo con schiacciata nel basket, una volata sui cento metri di Bolt, una volèe nel tennis.
Ecco che il rugby coincide perfettamente con questa mia concezione dello sport: ammazzarsi di fatica per ottanta minuti, prendere e dare botte di santa ragione ma rispettare sempre l'avversario, tributare l'onore al vincitore alla fine del match, non assistere mai o quasi mai a liti tra gli atleti e tifosi.
Anche l'Italia prende parte ai Campionati mondiali in Nuova Zelanda, certo con poche speranze di potere andare avanti e scontrandosi subito con l'imbattile Australia, ma l'importante è esserci, è poter affrontare il meglio che il pianeta esprime in questo sport.
Un'azione alla mano o una meta frutto dello sfondamento di un pilone o di una fuga dell'ala è talmente spettacolare ed esprime così alla perfezione i valori dello sport da far dimenticare completamente le ragioni del tifo.

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